BSA: il software pirata in Italia cala di 2 punti percentuali
da Milano — I dati della Global Software Survey che BSA | The Software Alliance diffonde oggi in tutto il mondo stimano che la percentuale di software privo di licenza installato sui computer del nostro Paese è calata di due punti percentuali – per la precisione dal 47 al 45% – rispetto alla precedente edizione della stessa ricerca (2013). Un risultato fra le cui cause ci sono la progressiva maturazione del mercato dell’ICT in Italia e la tendenziale riduzione della base installata e delle vendite di nuovi PC, a fronte di un incremento dell’impiego di software in modalità subscription e di servizi SAM (software asset management).
«È un risultato che ci fa molto piacere in quanto premia il lavoro svolto da BSA nel nostro Paese in questi anni», commenta Paolo Valcher, presidente del Comitato italiano di BSA. «Per quanto un tasso d’illegalità del 45%, in pratica poco meno di 20 punti in più rispetto alla media europea, resta ancora un dato inaccettabile per una nazione evoluta e moderna quale l’Italia, oltre che un freno in più alla ripresa della nostra economia e dell’occupazione qualificata».
Infatti, il tasso d’illegalità rilevato dai ricercatori di IDC nel resto dell’Europa Occidentale è del 28%. E ciò nonostante che la stessa ricerca – significativamente intitolata Cogliere le opportunità attraverso licenze legali (“Seizing Opportunity Through License Compliance”) – dimostri anche lo stretto collegamento sussistente fra l’impiego di software “pirata” e l’esposizione a rischi di cyber intrusioni.
«Come sottolinea il rapporto, è cruciale che un’azienda sia ben consapevole di che software è installato sulla sua rete», osserva Victoria Espinel, presidente e CEO di BSA. «Mentre sappiamo che invece molti CIO spesso ignorano la reale composizione del parco software installato, come anche la sua legalità o meno».
La ricerca, che riunisce consumatori finali, utenti aziendali e IT manager, ribadisce che l’impiego di software privo di regolare licenza è ancora elevato nel mondo (39% il dato globale) e che imprese e singoli individui giocano col fuoco quando accettano questo rischio. Infatti, come sopra accennato, il software illegale è sempre più esposto a rischi di attacchi da parte di hacker malintenzionati e di infezioni malware, rischi il cui costo può far vacillare un bilancio: solo nel 2015, per esempio, il costo sostenuto dalle aziende nel mondo a causa di cyber attacchi è stato di 400 miliardi di dollari.
Fra gli altri dati interessanti della ricerca ricordiamo inoltre che:
- il tasso di illegalità nel software è stimato al 39% a livello mondiale (come sopra accennato), in calo dal 43% rispetto alla precedente edizione della ricerca (dati al 2013).
- Il software pirata è risultato elevato persino in settori imprevedibili come quello bancario, assicurativo e finanziario (25%).
- È stima dei CIO che circa il 15% dei dipendenti carichino software pirata sulle reti aziendali al di fuori del loro controllo, ma tale stima è sicuramente ottimistica: infatti il 26% dei medesimi impiegati – quasi il doppio di quella cifra – ammettono di praticare comportamenti illegali col PC aziendale.
A dispetto degli inquietanti dati qui sopra, la ricerca GSS mostra anche una consapevolezza complessivamente crescente del problema, infatti:
- sempre i CIO affermano che la loro principale preoccupazione è il rischio di perdita di dati collegato a un incidente in campo di sicurezza informatica.
- Essi stessi ammettono che una delle principali motivazioni dell’impiego di software originale e legale è proprio l’evitare minacce alla sicurezza dei sistemi aziendali.
- Sondando il più vasto bacino dei dipendenti, è risultato che anche il 60% di questi ultimi ha indicato i rischi per la sicurezza come ragione chiave per l’impiego di software coperto da regolare licenza.
Le aziende, aggiunge lo studio di BSA, possono attenuare i rischi in termini di cyber security connessi al software illegale assicurandosi che tutte le risorse software impiegate siano acquistate da fonti legittime e adottando un programma SAM nella propria azienda. Le organizzazioni che vi si affidano avranno sempre sotto controllo quello che gira sui loro computer e sapranno perfettamente se è perfettamente legale o meno, potendo inoltre ottimizzare l’impiego del software stesso, dotandosi solo di quello effettivamente utile al lavoro in azienda; disporranno poi di policy e procedure che presiedono al procurement, all’installazione e quindi al ritiro del software dopo la sua dismissione.
A livello delle diverse regioni del globo, la ricerca invece puntualizza che:
- la regione con la più alta percentuale di software illegale è l’Asia pacifica, con il 61%, in calo di un solo punto percentuale rispetto all’edizione precedente.
- Al secondo posto si situa la regione dell’Europa Centro Orientale, con il 58% (fortunatamente in calo di 3 punti rispetto al 2013), seguito da Africa/Medio oriente al 57% (-2% rispetto al 2013).
- Il Nord America mantiene il primato del tasso di pirateria più basso (17%), pur rappresentando una cospicua porzione del mercato mondiale del software, corrispondente a un valore commerciale di circa 10 miliardi di dollari.
- In Europa Occidentale il tasso d’illegalità è sceso di un punto, assestandosi al 28% (come sopra anticipato).
Seizing Opportunity Through License Compliance – BSA Global Software Survey 2016, è da oggi disponibile in forma integrale al link www.bsa.org/globalstudy.