In Italia più di 1 RAEE su 3 sfugge alla corretta filiera, con ricadute ambientali ed economiche per il Paese
Roma, 17 ottobre 2023 – In Italia sono poco più di 6 su 10 i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), sia di grandi che di piccole dimensioni, che, una volta usciti dalle nostre case, seguono il percorso che porta a un impianto accreditato in grado di garantirne il corretto riciclo. Che fine fanno tutti gli altri? Proprio per rispondere a questo interrogativo Erion WEEE, il Consorzio del Sistema Erion dedicato alla gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), ha realizzato insieme ad Altroconsumo l’indagine “RAEE: Chi l’ha visto?” presentata oggi a Roma.
L’inchiesta, che segue a distanza di quattro anni quella condotta sempre con Altroconsumo su 200 grandi elettrodomestici, ha questa volta previsto il monitoraggio di 370 RAEE (300 grandi apparecchiature e 70 piccole) provenienti da tutte le regioni di Italia. All’interno del campione analizzato (che, vale la pena di sottolinearlo, non è rappresentativo a fini statistici) sono presenti rifiuti elettronici differenti e appartenenti a 4 Raggruppamenti: R1 (frigoriferi, congelatori, ecc.), R2 (lavatrici, lavastoviglie, ecc.), R3 (notebook, tablet, ecc.) ed R4 (elettronica di consumo e piccoli apparecchi). Su ognuna di queste apparecchiature è stato installato un dispositivo GPS in grado di monitorarne la posizione lungo tutto il percorso, a partire dalla casa in cui si trovava prima del conferimento.
A fronte di un campione di 264 RAEE considerato valido ai fini dell’inchiesta (per gli altri 106 la trasmissione è stata interrotta nel luogo del primo conferimento o il trasmettitore è risultato difettoso), solo 175 (il 66,3%) sono giunti in uno degli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), rimanendovi per un periodo di tempo sufficiente a poter essere trattati correttamente.
In 12 casi (4,5% del campione), invece, la permanenza dei RAEE nell’impianto accreditato è stata troppo breve per consentire una lavorazione plausibile, in linea con gli standard qualitativi dal Centro di Coordinamento RAEE, mentre altri 15 rifiuti (5,7%), sono stati trasportati in impianti registrati, ma non accreditati e quindi non tenuti formalmente a rispettare gli standard di trattamento riconosciuti dal Centro di Coordinamento[1].
Anche i restanti 62 RAEE monitorati (pari al 23,5% del campione), hanno intrapreso un percorso non virtuoso: i rifiuti, infatti, dal luogo di conferimento hanno raggiunto una destinazione diversa da quella prevista, finendo in alcuni casi addirittura all’estero. Questo cluster rappresenta un flusso illegale, perché durante il proprio percorso i rifiuti non sono mai transitati in impianti autorizzati al trattamento sfuggendo così a ogni controllo. Le destinazioni anomale riscontrate sono tra le più varie. Ad esempio, 3 notebook sono arrivati in Africa; hanno lasciato i porti nazionali e sono approdati in Senegal, Egitto e Marocco. In altri casi, la trasmissione si è interrotta presso zone residenziali dove la batteria del tracciatore si è scaricata o dove il tracciatore è stato rilevato e messo fuori uso. Inoltre, non mancano RAEE gettati in discariche abusive o consegnate direttamente ad acciaierie o attività di recupero e riciclo di metalli ferrosi senza essere lavorati.
“Questa inchiesta evidenzia ancora una volta il cuore del problema: accanto al Sistema RAEE italiano che funziona e porta benefici al Paese c’è una zona grigia fatta anche di traffici illeciti. Se vogliamo che le cose cambino non possiamo più fare finta che questo fenomeno non esita” spiega Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE. “È necessario, affinché non vengano vanificati gli sforzi dei cittadini e dei soggetti virtuosi che operano nel settore, intensificare i controlli lungo la filiera e prevedere sanzioni più dure per chi alimenta questi flussi. Nel nostro Paese gli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE sono in grado di riciclare oltre il 90% in peso dei RAEE; il problema non è quindi il riciclo, ma la raccolta: una parte di questi resta nelle case degli italiani, ma gli altri? Finiscono in mano a soggetti che usano i RAEE unicamente per il proprio tornaconto, catturando le materie più facili da estrarre nel modo più economico, senza minimamente curarsi dell’aspetto ambientale. E questo comporta anche una significativa diminuzione della capacità di riciclare tutte le Materie Prime Seconde e le Materie Prime Critiche, fondamentali e strategiche per il nostro Paese, contenute nei RAEE”.
Secondo l’ultimo Rapporto annuale del CdC RAEE, infatti, il dato di raccolta pro-capite di RAEE Domestici in Italia si attesta su 6,12 kg per abitante, a fronte di un obiettivo europeo pari a 11 kg: secondo le stime di Erion WEEE, mancano all’appello circa 400.000 tonnellate di RAEE Domestici, vale a dire quasi 3 milioni di grandi elettrodomestici (come frigoriferi, condizionatori e lavatrici) e più di 400 milioni di piccoli elettrodomestici (come cellulari, microonde, radio).
“È un “buco nero” allarmante – conclude Arienti – perché per ogni RAEE che viene sottratto perdiamo un’opportunità. Il nostro è un appello alle istituzioni affinché vengano attuati interventi efficaci di tutela di un interesse collettivo, ambientale ed economico.”
“I consumatori sono sempre più attenti nello smaltire correttamente i rifiuti: i loro comportamenti virtuosi meritano di non essere vanificati da falle nella filiera del recupero, come quelle emerse nell’ambito di questa nuova inchiesta – dichiara Federico Cavallo, Responsabile relazioni esterne di Altroconsumo – L’indagine che abbiamo realizzato con Erion WEEE dimostra, infatti, che ci sono numerosi aspetti migliorabili nella catena del conferimento del RAEE: parecchi di questi prodotti, grazie allo sforzo educativo di tanti soggetti (come consorzi e organizzazioni di consumatori) e all’impegno dei cittadini, arrivano effettivamente negli impianti di trattamento, il luogo giusto; tuttavia, molti prendono invece strade anomale e illecite come abitazioni private, acciaierie, mercatini dell’usato oppure, in numerosi casi, destinazioni estere. Così facendo, si disattende l’impegno ecologico delle persone e si finisce per sottrarre risorse alla filiera del riciclo, aprendo anche la strada al rischio concreto di danni ambientali. Cittadini e consorzi non possono essere lasciati soli. Servono regole stringenti, certezza delle sanzioni e più vigilanza: abbiamo denunciato al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica questi comportamenti illegali e auspichiamo l’intervento degli organi competenti, tra cui i nuclei operativi ambientali. Accanto a ciò, rimane fondamentale continuare a lavorare per garantire piena e completa informazione al consumatore: sia su come “dismettere” correttamente un’apparecchiatura non più utilizzabile, sia per promuovere il riuso o la riparazione di oggetti ancora valorizzabili” ha concluso.